giovedì 8 maggio 2014

Da Nausicaa a San. La ricerca del paradiso perduto di Miyazaki Hayao

Il giorno dell'uscita nelle sale italiane di Mononoke Hime, tradotto e adattato in modo fedele all'originale, ho deciso di pubblicare questo mio articolo inedito su Nausicaa della Valle del Vento e sul lungo percorso tematico di Miyazaki Hayao che parte proprio da quel film per concludersi con Mononoke. Per circa quindici anni il regista ha portato avanti il suo personale "grande racconto" incentrato sul conflitto incessante tra natura e cultura, e l'opera che da oggi tutti (ri)vedranno nelle sale rappresenta proprio il culmine di questa sua lunga riflessione. Penso sia quindi interessante porre il film in un contesto più ampio, per comprenderlo meglio e capire come si sia evoluto nel tempo il pensiero del suo autore. Questo mio scritto non pretende di essere esaustivo in merito, ma spero possa fornire dei fruttuosi spunti. Senza la costante lettura, i continui scambi e approfondimenti intavolati nel corso di anni con gli utenti del forum studioghibli.org non sarei mai riuscito a elaborarlo in questa forma. In un prossimo post mi arrischierò in una recensione di Mononoke non appena l'avrò visto al cinema.

Un'avvertenza: purtroppo non ho potuto fare a meno di inserire degli spoiler, soprattutto riguardanti il manga di Nausicaa.




Dal fumetto al film

Tra tutte le opere originali concepite da Miyazaki Hayao, Kaze noTani no Nausicaa occupa di certo un posto speciale nel cuore del regista. Composta da un film animato e da sette volumi a fumetti contiene uno dei materiali narrativi più longevi del suo percorso artistico, i cui temi cardine già si ravvisavano in Mirai Shounen Conan (Conan il ragazzo del futuro) e la futura protagonista già si scorgeva prefigurata nel volto di Clarice in Cagliostro no Shiro (Il castello di Cagliostro). Questi temi saranno poi sviluppati nell’arco di più di una decade, per concludersi col film Mononoke Hime (La principessa spettro), il quale segna la fine di un ciclo nel pensiero di Miyazaki, che abbandona idealmente la suo personaggio e il mondo di conflitti universali in cui è immerso.
Tutto ebbe inizio, in ogni caso, con il manga omonimo, pubblicato sulla rivista Animage a partire dal 1982. Miyazaki non sarebbe mai riuscito a farne un film se l’allora editor della rivista (il futuro amico Suzuki Toshio, dalle abili doti imprenditoriali) non l’avesse spinto a sottoporre il fumetto ai finanziatori per convincerli a realizzarne un lungometraggio.


Nonostante il buon successo di Cagliostro no Shiro, che stravolgeva il Lupin di Monkey Punch trasformandolo in un eroe fiabesco, Miyazaki non riusciva a recuperare i finanziamenti per la propria opera seconda. Le sue idee nel cassetto – compresa quelle del futuro campione d’incassi Tonari no Totoro – erano considerate del tutto inadeguate allo spirito dei tempi. Ma il talento produttivo di Suzuki permise al film di entrare in cantiere, seppur con risorse limitate. Un nuovo studio di produzione, il Topcraft (Lo Studio Ghibli era ancora di là da venire), venne creato per l’occasione.
Dedicato a un pubblico di appassionati di letteratura fantasy, “belle ragazze”e animazione fantascientifica - in altre parole gli stessi lettori di Animage - Nausicaa della Valle del vento debutta nelle sale l’11 marzo 1984.  Il successo ottenuto è strabiliante ed è dovuto in massima parte alla affezione del pubblico nei confronti della protagonista.
La pellicola copre all'incirca i primi due volumi del manga, e viene messa in produzione proprio mentre Miyazaki sta ultimando il secondo. Laddove il film si conclude con un finale risolutivo il fumetto mantiene aperta la storia e la porta avanti fino al settimo volume, pubblicato ben dieci anni dopo.
Grazie a quest’ampio sviluppo temporale l’opera può a assorbire, di capitolo in capitolo, i più minuti cambiamenti del pensiero dell’autore e restituire una visione composita e in evoluzione del mondo narrato, in rapporto di reciproca influenza con i film che Miyazaki realizza nel corso degli anni. Ed è futile il tentativo di rintracciare elementi di coerenza o di continuità in una trama intessuta nella mente di un uomo che invecchia, spostando il proprio punto di vista sul mondo.



L’Arcadia e il socialismo

Lo scenario di Nausicaa della Valle del vento, simile a numerosi mondi della fantascienza classica, è una terra di un lontano futuro ridotta a un arido e velenoso deserto dallavidità di un’antica civiltà industrializzata. Le risorse naturali sono state prosciugate e l’umanità si è quasi autodistrutta nella guerra chiamata dei “Sette giorni di fuoco”, nella quale  giganteschi guerrieri umanoidi hanno sconquassato intere nazioni.
Tale motivo distopico e post-apocalittico non è poi diverso da quello che Miyazaki aveva già tratteggiato in Mirai Shounen Conan (basato sul romanzo The Incredible Tide), in cui da una catastrofe che decima la popolazione mondale sorge la potenza di Indastria, una società opulenta e tecnocratica che giunge nuovamente sull'orlo dell’auto-estinzione. La stessa idea sarà alla base del terzo lungometraggio di Miyazaki, Tenku no Shiro Rapyuta (Laputa. Castello nel cielo, ispirato ai Gulliver's Travel di Swift), anche in quel caso l’umanità pagherà lo scotto della sua hybris, del suo uso indiscriminato di scienza e tecnologia.


In mezzo al mondo inospitale di Nausicaa della Valle del vento, l’autore pone un’isola felice, un paese bucolico governato da una società pacifica: la Valle del vento, un luogo al riparo dai vapori tossici delle terre circostanti. Si tratta di un ideale arcadico che caratterizza molte delle opere giovanili di Miyazaki (è presente anche nel manga del 1983, Shuna no tabi), in cui riecheggiano gli scenari di una delle saghe letterarie più amate e citate dall’autore: il ciclo di Earthsea. L’immaginario di Nausicaa deve molto all’opera di Ursula Le Guin, è ad esempio impossibile non riconoscere dietro un personaggio come quello di Yupa l’ombra del saggio mago Ged.


L’opposizione natura-cultura è tuttavia soltanto la premessa della storia che Miyazaki sta mettendo a punto. L’umanità non ha soltanto fallito il proprio rapporto con l’ambiente, ma si è resa soprattutto incapace di convivere con se stessa. La Valle del vento si configura quindi come un luogo di governo ideale su base socialista, immerso in un mondo nuovamente sconvolto dai conflitti, nel quale due potenze, Dorok e Tolmekia, si contrappongono per la conquista e la purificazione del territorio. Si tratta di una meditazione sul socialismo non abbracciato come ideologia, ma messo in discussione in quanto ipotesi di umana convivenza. Miyazaki viene infatti da un profondo distacco dal comunismo sperimentato in gioventù, ed è giunto per lui il momento di pensare a un’attuazione concreta e personale delle idee marxiste. Una riflessione che si esprime nel modo a lui più congeniale: l’allegoria fantastica.
Fin dai primi due volumi questa terra felice non si oppone però drasticamente al resto del territorio, non si piega, cioè, a un banale contrasto manicheo tra il bene-socialismo-natura e il male-imperialismo-artificio. Il fulcro di resistenza a una simile banalizzazione è rappresentato dalla stessa Nausicaa.



La principessa che amava gli insetti

Nausicaa è l’archetipo dell’eroina miyazakiana (i cui prototipi sono Clarice nel suo film di Lupin e Lana in Conan). Una ragazzina forte, altruista, compassionevole. Nessuno è in grado di resistere alla sua femminea dolcezza. Questa perfezione non è però esente da fragilità, ed è proprio questa commistione di arrendevolezza e forza a catalizzare l’amore dello spettatore/lettore per Nausicaa.
Miyazaki le dà il nome della fanciulla che salva il naufrago Odisseo, ma l’ispirazione è vaga e filtrata da una traduzione compendiaria del testo omerico. Il vero prototipo di Nausicaa è, per dichiarazione dello stesso autore, la protagonista di Mushi mezuru himegimi (La principessa che amava gli insetti), racconto nipponico del dodicesimo secolo. Quale migliore immagine di pura e disinteressata bontà che quella di una fanciulla innamorata degli esseri considerati più ributtanti? Lo stesso per Nausicaa, che ama intensamente quel regno ostile all'uomo, quei giganteschi insetti – gli ohm – frutto dell’evoluzione del Mar Marcio, e tutti gli altri esseri viventi che lo popolano: piante calcificate e spore simili a fiocchi di neve che inseminano un mondo inaccessibile.
Già in questo primo affresco dell’ambiente Miyazaki ci vuole suggerire, attraverso lo sguardo di Nausicaa, come la natura umana non sia che una parte del tutto. E che quel tutto non deve necessariamente prevedere l’umano (questa identica idea tornerà in Gake no ue no Ponyo, nelle aspirazioni del papà della protagonista, Fujimoto). Anzi, la bellezza di quel mondo sta proprio nel non essere contaminato dalla nostra specie. La rilevanza degli splendidi e dettagliati fondali di ogni opera di Miyazaki, non fa che ricordarci di continuo l’eguale rilevanza tra noi e il resto del creato.


Soltanto Nausicaa riesce a placare l’ira degli insetti, cavalcando il vento a bordo del suo mezzo volante, il Mehve.  Miyazaki la descrive come un vero e proprio idolo, una figura messianica. Al tempo stesso la carica di una bellezza infantile ed erotica, facendo ondeggiare la sua gonnellina succinta per la propria gioia e per quella di un pubblico di appassionati otaku.  È una visione della femminilità assai lontana dal pensiero femminista cui spesso si fa riferimento parlando di questo autore. Nausicaa è posta su un piedistallo inaccessibile e perfetto: un’immagine irreale concepita dalla mente maschile, non dissimile dalla stessa Nausicaa omerica, dalla Beatrice Dantesca, dalla Annabel Lee di Poe, dalla Alice Carroliana o dalla moderna Lolita di Nabokov. Nausicaa è la compiuta rori nipponica (da Loli, diminutivo di Lolita), un coacervo di caratteristiche irreali e di incorruttibile immutabilità.


La ragazza arriva a comprende persino le ragioni dei propri nemici, figure che compromettono l’equilibrio della Valle e del mondo. Tra loro la principessa soldato K’shana rappresenta il suo contraltare, ma non la sua reale antagonista. Sia nel fumetto che nel film, K’ushana non è diversa dalla giovane eroina, è soltanto una donna invecchiata, convinta che il sommo bene umano necessiti della distruzione per poter proliferare. Ecco l’altra metà del mondo femminile secondo Miyazaki: la donna corrotta dal tempo, dura, forte, persino crudele. La ragazzina innocente e la donna disillusa: In tutte le sue opere è rintracciabile un simile binomio.
Va da sé che i personaggi maschili trovano poco spazio in questo mondo popolato da figure femminili dominanti. Vi è però il saggio Yupa, il coraggioso Asbel e la guida spirituale Selm. E in mezzo a loro un proliferare di sovrani e soldati corrotti provenienti dai regni di Tolmekia e Dorok.


Luce e oscurità

Veniamo quindi al tema principale del fumetto, che si discosta inesorabilmente da quello del film per la soluzione proposta. In principio, Nausicaa incarna il salvatore di un mondo corrotto che grazie alla bontà di lei potrà risanarsi. Nei volumi del manga la storia si evolve in parallelo con i drammi sempre più mediaticamente pressanti del Giappone e del mondo postmoderno: le guerre, il terrorismo, l’inquinamento, i cambiamenti climatici. Ecco allora che tra le pagine assistiamo a infiniti sacrifici e afflizioni, e a una lunga teoria di personaggi miserabili ed egoisti.
Nausicaa, sempre più sofferente, si scontra col dramma esistenziale dell’umanità intera: può esistere un equilibrio tra mondi in conflitto? Ne soffre, non senza subire ferite profonde, ma continua imperterrita a cercare una risposta.  Nel penultimo volume giunge ad addomesticare un dio guerriero risvegliato. Ingenuo come un bambino, il mostro identifica la giovane come sua madre, e lei, accettando pietosamente quel ruolo, gli dona un nome: Ohma. Con lui intraprende un viaggio all’interno di un antico santuario e  in quel luogo le è svelata una verità sconvolgente: gli esseri umani e tutte le creature che popolano la terra non sarebbero altro che esseri artificiali, progettati per purificare un ecosistema inquinato e prepararlo a una nuova rinascita, un mondo in cui Nausicaa e gli altri come lei non potranno sopravvivere.


In questa rinnovata visione le opposizioni classiche di puro/corrotto, naturale/artificiale non hanno più un netto significato. Se l’uomo fa parte della natura – sembra dirci Miyazaki – allora la tendenza alla distruzione è in lui un fatto naturale, e qualunque sforzo egli compia per abitare un mondo immacolato non si risolve che con la negazione dell’uomo stesso, del suo bagaglio di bruttura, sofferenza e morte. Nel difendere a spada tratta la vita dei suoi simili, contro il piano preparato dagli umani “illuminati” del passato, Nausicaa incarna la morte, l’oscurità, come le rivela la voce di un antica intelligenza artificiale. Eppure soltanto dall'oscurità può scaturire la luce, ribadisce Nausica: esse sono un tutt'uno.
Miyazaki sembra accettare la complessità del rapporto tra l’uomo e la natura, tra l’uomo e l’uomo, ma respinge ogni soluzione che non contempli la forza di vivere il momento, lo slancio vitale umano. Così Nausicaa, nell’ultima tavola del manga, decide di tenere per sé la terribile rivelazione della catastrofe imminente, sperando nello spirito vitale del suo popolo. Perché – afferma ancora la protagonista – la vita è in grado di sopravvivere ai piani precostituiti che tentano di imbrigliarla, i quali rappresentano il massimo della proiezione razionale maschile sul mondo, contro cui Nausicaa reagisce con l’emotività e la passione femminili. Desiderare un mondo che non muta nel tempo, o i cui cambiamenti sono predeterminati, non è altro che una sciocca utopia.



Il nichilismo pietoso dell’angelo

Se al termine del manga ancora prevale un vago senso di ottimismo, Miyazaki conclude idealmente il cammino della sua eroina con una nuova produzione imperniata su un nichilismo che si potrebbe definire vitalistico. Si tratta ovviamente di Mononoke Hime. Ambientato in un passato immaginario il film condanna l’ideologia giovanile dello stesso Miyazaki, ricreandone una versione ben più complessa. Nausicaa diventa San, una principessa crudele e feroce quanto sa esserlo la natura. Il protagonista Ashitaka condivide gli stessi tratti eroici di Asbel ma anche quelli più mistici di Selm, il ragazzo del Popolo della foresta. K’ushana diventa Eboshi, le cui ragioni pro-umane del progresso e dell’industrializzazione sono valide quanto quelle delle divinità del bosco. Il conflitto non può essere evitato, ne ci sarà mai un progresso, non resta quindi nient’altro che arrendersi alla vita così com'è, al di là del bene e del male.


Durante la produzione del film, Miyazaki si era già accomiatato idealmente dal personaggio di Nausicaa, per mezzo del videoclip On Your Mark, nel 1995. Il breve e intenso filmato è un percorso di liberazione di un angelo che ha il volto e le fattezze del personaggio caro al regista (del resto, già all'inizio del manga, e nel film, Nausicaa veniva rappresentata in forma di angelo). I due eroi che portano in salvo la creatura (il duo di cantanti Chage & Aska in versione animata) simboleggiano forse gli ideali di gioventù del regista. Anche in questo breve racconto l’umanità ha subito lo scotto di un disastro nucleare e vive reclusa in delle città-bunker, ma la coppia libera la fanciulla-angelo affrontando con fiducia un mondo esterno che, a dispetto di tutte le previsioni, si rivela rigenerato e rigoglioso. Volando via, l’angelica Nausicaa si china in uno sguardo di commossa pietà verso i suoi salvatori: anche lei è ormai invecchiata, proprio come il suo autore, e può infine congedarsi con mestizia dal mondo dell'immaginario in cui veniva reclusa.


Il topos del ritorno a un antico equilibrio diventa così, per il Miyazaki anziano, soltanto lo specchio dell’egoistico desiderio di tornare al proprio paradiso perduto: l’infanzia. Così dichiarerà l’autore molti anni dopo la conclusione di quest’opera universalistica che è Kaze noTani no Nausicaa:

“How can we go in peace without any dictators? The biggest bet of humankind to that question was socialism. It was grown in Europe during the 19th century and tested during the 20th century. As a result, it failed. We got to know there is no paradise on the earth. I believe paradise only exists in the memories of our childhood. Because of that, many social movements that aim to make a paradise always end up failing. So we must accept that our world isn't a paradise. That is something which is too bitter for us though. That is why mankind created some ways to comfort themselves with several virtual ways”. (Dichiarazione tratta da Neppu Magazine, 30 novembre 2008, riportata da GhibliWord.com)

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